Pensieri

MAGICHE EMOZIONI



Immobile, seduto su un masso al bordo del fiume, il fresco tepore della sera rinfresca il tuo corpo, la natura ti avvolge,  in quel momento riesci a liberare la tua mente,  ciò che ti affligge e ti perseguita ti abbandona lasciando spazio ai pensieri veri, sani, arcaici. Sei solo, lo sguardo  attento  scruta la superficie dell’acqua in attesa del magico cerchio, segno evidente che il tuo amico ed avversario di quel momento si sta cibando di insetti alati. Sull’acqua scorre la vita e la morte , sei li, spettatore attento che cerchi di saziare l’indomito istinto di cacciatore. Nella  mano  stringi il sughero della tua esile canna  come un guerriero impugna la sua spada, è il momento giusto, apri la tua  vecchia scatola di metallo dove sono racchiusi mille soldati alati compagni di molteplici battaglie, scegli il più adatto, quello con l’abito e l’armatura appropriata e ti unisci al banchetto cercando di eludere ed ingannare l’astuto avversario. Come tutto ciò che è vero e reale il momento dura poco ma ti lascia sazio  con la voglia di ritornare sul fiume per rivivere le stesse sensazioni. In passato le stesse emozioni mi venivano date da altri elementi, dal vento, oggi nemico della mia coda, che riempiva e spingeva la vela della mia tavola, le  creste spumeggianti dei mari, trampolini su cui lanciarsi  cavalcandoli in piedi su tuo legno. La vita è fatta di piccoli momenti di forti emozioni date da ciò che appaga e soddisfa il presente e se riesci a coglierne l’essenza ed assaporarla vuol dire che stai vivendo, il cuore pulsa, fai parte integrante dell’universo sei arrivato ad assaporare il midollo, la linfa vitale dell’esistenza.     

L’AMICO

Ritorno dalla mia fedele compagna, la tastiera del computer, questa sera ho voglia di essere sincero fino in fondo. Oggi ho avuto la peggior delusione della mia vita, comunque ci sono abituato, ho sempre avuto tanto, mettendo in gioco tutto e rischiando. Mi spiace per chi leggerà queste poche righe la mia estrema sincerità, ma ci sono momenti in cui non puoi tirarti indietro ed hai un bisogno viscerale di chiarire le cose di alzare il velo, di parlare ad alta voce, e questa volta lo farò, naturalmente prendendomene come sempre ogni responsabilità.  Cercherò di romanzare un poco il tutto in modo che sia più piacevole nella lettura, ed inoltre mi concederò, forse, qualche licenza poetica, questo perchè devo tutelare il possibile lettore. Forse un giorno se scriverò un libro, cosa che vedo sempre più probabile, come mi ha detto il grande AMICO Mauro:  tieni tutti quegli scritti, il mio libro è stato fatto così, io scrivo o quando sono estremamente felice o triste. A me riesce molto meglio quando sono triste, divento più riflessivo ed inoltre il mio inseparabile amico Laphroaig è al mio fianco e funziona da “musa ispiratrice” o se vogliamo come una specie di magica pozione liberatoria, che aiuta a far uscire le cose più vere.  Non ancora trovato il titolo per questo racconto, ma  credo che Mario  sia il più appropriato. Proviamo a vedere cosa ne esce fuori.

La vita cambia e tutti i giorni di mette di fronte dure prove, ed a volte però ti regala anche grandi opportunità, ed è quello che mi è capitato in quel bellissimo ed interminabile periodo di tempo.

La porta si apre, un lungo cappotto grigio si avvicina a me, come sempre ero intento a battere le dita sulla tastiera, allora scrivevo per la rivista “Pescare” e  ne ero molto orgoglioso, mi faceva sentire importante, oggi scrivo per me stesso e per i pochi amici che riescono a comprendere la mia sana follia. Alzo ,o sguardo dal monitor, ed il sorriso dello sconosciuto mi distoglie subito dal mio lavoro, non lo conoscevo era venuto in cerca di lavoro, la sincerità dei suoi occhi e la vita che usciva dal suo sorriso mi hanno subito fatto capire che poteva trovare lavoro nella mia umile bottega, e così fu. Il suo sguardo era ipnotico, si leggeva in esso tutta la sua sofferenza ed anche l’immensa voglia di vivere e di non mollare mai. Una caratteristica che mi è estremamente familiare. Accetta l’umile lavoro, nei pochi momenti in cui potevamo incontrarci erano i nostri sguardi a parlare, due scorci di cielo che si incontravano e  percorrevano assieme brevi ed intensi momenti di piacere. Il tempo passava e gli sguardi non bastavano più, ma dovevamo mantenere una posizione prestabilita per cui non ci si poteva permettere un dialogo, a volte passando sfioravo i lembi del suo liso cappotto e sentivo la sua anima il suo cuore. Ci fu un giorno, in pausa che ci prendemmo un caffè assieme  e seduti di fronte a quella nera tazza bollente capimmo che potevamo divenire amici, quel tipo di amici che ci sono sempre, anche quando non sono presenti. Il tempo scorreva, ogni tanto ci parlavamo, ma le parole erano superflue, sapevamo entrambi che avevamo un amico, un amico vero che poteva sacrificare tutto e tutti per salvare l’altro. Un giorno arrivò, e fu l’ultima volta che lo vidi in quell’anno, mi disse, devo andare, non ci fu bisogno di altre parole, prese il suo liso cappotto accese la sua moto e sparì. Per molto tempo non ho avuto sue notizie, era normale, le nostre vite erano estremamente diverse, io con la mia piccola bottega da mandare avanti e lui con i suoi sogni ed obbiettivi da raggiungere. Non ci siamo più rivisti per anni, poi in freddo inverno ci incontrammo all’emporio del paese, era ritornato, il suo viaggio di ricerca era finito. Quel giorno parlammo molto, era come se continuassimo le discussioni dei tempi passati, qualcosa ci legava e tutti e due lo avevamo capito, ma ad ognuno di noi avevano assegnato un compito, e non potevamo venirne meno. Era veramente ciò che volevamo? Non credo. È vero che la vita è fatta di responsabilità, di doveri, ma ci sono dei piaceri profondi, come l’amicizia e l’amore che riescono a vincere tutti i vincoli ed i doveri. Oggi lo so, so cosa è, so cosa conta e purtroppo so cosa mi piacerebbe avere da lui. Purtroppo la vita non sempre ci dà ciò che vogliamo, ed io mi accontento di vedere il suo grigio cappotto appeso nell’attaccapanni nell’ingresso, questa mi fa capire che è li e forse lo è con me. In questa metafora ci sono tantissimi messaggi e chiunque li riesca ad individuare, ricorderà il suo amico dal cappotto grigio.  Quanto mi piacerebbe costruire una capanna sull’argine del fiume  e vivere con lui, passare il nostro tempo  raccontandoci le nostre vite,  godere appieno gli intesi sapori della natura  e dell’amicizia.

S.L.




AMORE E NATURA



Quel giorno c’erano proprio tutti, gli amici di sempre, ci ritrovavamo spesso in qell’osteria nel verde del bosco. Era una calda sera d’estate, il nostro tavolo era all’esterno , un pergolato di glicine ci proteggeva dalla guazza notturna ,  il viola tenue della sua fioritura rendeva incantevole e magico quel posto, mi saziavo sempre oltre che dei compagni, della magia del luogo, sentivi la natura entrarti d’entro, era rigenerante. Il cibo non era e non è mai stato del migliore ma andavamo lì perchè ci piaceva e poi quello che contava realmente, era essere  tutti noi attorno ad un tavolo a raccontarci le nostre vite, le nostre storie, in quei momenti tutto il resto non conta. Ci piaceva chiamarci la setta dei poeti estinti, anche se poi  eravamo più dei clochard dal libero pensiero. La mia attenzione in quella serata, spesso, cadeva su  di una piccola piantina posta ai bordi del patio, aveva dei piccoli fiori di un tenue azzurro, strette foglie verdi, era bellissima, purtroppo  l’oste non era c’erto d’animo nobile, e nella sua rude bontà l’aveva lasciata in un triste vaso di plastica. Ero distante da lei, ma potevo vedere i bordi delle foglie ingialliti, bevvi il vino del mio bicchiere, lo riempii d’acqua e mi alzai per donarla a lei. Quando mi avvicinai la vidi bene, era più bella di come la vedevo dall’angolo del tavolo, il nero vaso tratteneva ancora il calore dei raggi del sole, al suo interno poca terra mischiata a piccola graniglia di ciottoli, nessun cibo per rendere robusto il suo fusto, solamente una esile canna in bamboo sorreggeva il peso della sua giovane vita. L’oste, Gustavo, oramai aveva confidenza con noi,  tante erano le  serate che avevamo passato ai bordi di quel patio.  Mi vide chino a dissetarla, mi disse “ non ho tempo per lei, se tu ne hai prendila pure” era ciò che aspettavo, passò il resto della serata vicino a me  ai bordi del tavolo assieme agli amici. All’indomani comperai un ampio vaso in cotto, dell’ottimo terriccio ed una robusta canna utile a sorreggerla. Tornai a casa, ve la posi dentro assieme alla ricca e nutriente terra, il bamboo che le faceva da sostegno,  un poco di acqua e  la sistemai nell’angolo migliore del terrazzo. Tutti i giorni la andavo a trovare, le foglie oramai non erano più ingiallite ma di un verde intenso, l’azzurro dei suoi fiori sembrava ancora più vivo, stava irrobustendosi e crescendo, aveva spazio per far crescere le proprie radici, riceveva le dovute attenzioni ed aveva a disposizione tutto il sole che le serviva per crescere. Dovetti abbandonarla per un breve periodo, infatti dovevo recarmi all’estero per un viaggio di lavoro, chiesi alla vicina di prendersi cura di lei. Passarono quindici giorni prima del mio ritorno, salendo le scale che conducono alla mia dimora, la vidi, nel suo angolo, il tronco si era rinvigorito, oramai era abbastanza forte per sorreggere il suo peso, non posai neppure i bagagli, gli tolsi il sostegno, ne sembrava quasi felice. Oramai sono anni che vive con me è cresciuta, ho dovuto cambiarle il vaso più volte, le dedicavo parecchie attenzioni e parte del mio tempo, ma lei in cambio mi donava sempre quei sui bei fiori azzurri.

S.L.

Papiriane


Irti colli per metà verdi, cristalline acque che muoiono nel blu profondo, natura, incontaminata turbata e violentata da facce scolpite nella gretta ignoranza, loschi individui pieni di niente, primitive creature con nessun rispetto per ciò che gli dà la vita. Esseri non degni neppure della “Caina”, la loro grettezza li porta a distruggere tutto ciò che li circonda, chi con cemento, chi con la sua stupidità ed i peggio con le loro canne di fucile, gli esseri più insulsi, pronti a sparare a tutto ciò che vive, sfamando la loro eterna competizione con se stessi. Mai riusciranno ad evolversi sicuri, fieri e pieni della loro ignoranza. Un bellissimo paesaggio deturpato da coloro che ci vivono.

S.L.

Le Foto


Quanto è effimero tutto ciò su cui improntiamo la nostra esistenza, ci illudiamo ogni volta dell’eternità delle parole e delle promesse, scordandoci del passato, delle cicatrici che ci ha procurato e  che ancora portiamo in noi. Quanti sorrisi, sguardi, promesse hanno visto i miei occhi, le facce cambiavano ma i giuramenti erano i soliti. Entrando nella mia abitazione sulla destra vi è un piccolo mobile basso, una vecchia madia dove mia nonna e prima di lei la mia bisnonna, impastavano il pane,  ora non ha più quell’utilizzo, ma serve a sorreggere una serie di portafotografie.  Vecchie cornici in argento od in legno racchiudono i ricordi di quel momento, quante facce vi sono state, l’espressioni gli sguardi erano tutti uguali, poi improvvisamente sparivano e  venivano cambiate, sostituite, nuovi sguardi nuovi sorrisi nuove promesse. Come vorrei per una volta nella  vita vedere ingiallire  queste foto.

S.L.

La Nube


Rifletto per ore seduto sul divano della mia abitazione, lo sguardo volto al nulla nella ricerca del pensiero, per trovare la risposta ad una domanda che risposte non ha.  Abbraccio il  dolore che accompagna ogni istante della mia esistenza. Ricordo benissimo quel  giorno. Un raggio di sole improvvisamente irruppe prepotentemente  nella stanza dove mi trovavo, dapprima cercai di proteggermi da quella forte luce, poi ne rimasi affascinato, abbagliato, tanto da non poterne più fare a meno. Avevo deciso di non riparare più la vecchia finestra da cui poteva giungere a me, mi ero abituato a lei, la sua luce mi svegliava al mattino e chiudeva i miei occhi alla sera, illuminava il libro che tenevo tra le mani, la stanza in cui sostavo, la sua invadente presenza era oramai così importante che quando mi capitava di allontanarmi ne sentivo la mancanza. Improvvisamente un mattino una nube rese fioca quella luce, la sua forza riusciva a squarciarla ed a illuminare ancora, il raggio era più fioco, ma altrettanto forte e imponente.  Guardavo il celo e vedevo quella nube divenire sempre più grande, scura, cupa, come a voler soffocare quel raggio di sole. Erano giorni oramai che quel raggio era sparito lasciando al suo posto una grigiastra luce, che nulla illumina e neppur scalda. Ogni tanto però chiudo gli occhi e riesco a rivederla e a scaldarmi col suo calore 
S.L.


L’istinto primordiale



Credo realmente che qualsiasi persona , me compreso, che per appagare   i propri  bisogni primordiali, per saziare non so  quale insana reminescenza arcaica o solamente per puro divertimento debba insidiare od ingannare con un esca naturale od artificiale un pesce, o ancor peggio sparare ad un animale,  non sia del tutto risolto, deve ancora percorrere molti ma molti gradini prima di arrivare al “nirvana” .  Credo che tutto questo serva a compensare le frustrazioni di una  falsa vita fatta di illusione, di realtà virtuale, di tecnologia, di internet, di tv, di videogames,  un  poutpourri di falsità di finzione, di mancanza di realtà. E’ vero nei nostri cromosomi vive lo spirito del cacciatore, ma  il cacciatore che è dentro di noi  è colui che lo fa per sopravvivere e non per saziare le proprie insoddisfazioni, per staccare dalla routine della vita,  o puramente a scopo ludico. Siamo tanti Robinson Crusoe che hanno pagato per far naufragare la propria nave illudendoci che ciò che stiamo vivendo non sia una finzione ma la pura realtà.